Manifestazione dei lavoratori GKN ieri a Firenze.

Manifestazione dei lavoratori GKN ieri a Firenze.

40.000 cittadini scesi in piazza sono una prima, importante vittoria, un passo avanti nella lotta contro l’ingiustizia sociale naturalizzata dai padroni, che pretendono di rendere naturale la loro esistenza, il dominio del capitale privato.

Il fatto che 26 individui posseggono la ricchezza di 3,8 miliardi di persone sulla Terra chiarisce la questione.

I padroni sono dei grandissimi ladri che si arricchiscono enormemente protetti dalla legge, che è quella loro.
(A tal proposito vi mettiamo un link, difficile ma se lo vorrete forse utile https://ilmanifesto.it/gkn-il-lavoro-ostaggio-del…/ )

40 anni fa 40.000 lavoratori servi del padrone marciarono per proporre la loro sudditanza, il loro inginocchiarsi di servi.
Ieri 40.000 lavoratori a Firenze hanno riscattato in una azione consapevole quell’ infame manifestazione.

Le voci del padrone mentono spudoratamente sui numeri.
Sono consapevoli e tentano di sminuire il significato sociale, culturale, politico e ideale di questa manifestazione insubordinata.
Lavoratrici e lavoratori, cittadini uniti che hanno detto SIGNOR NO.

Ci permettono di dire che questo è un signor no significativo e socialmente ricco di possibilità di lotte, di prospettiva critica e ribelle all’attacco al lavoro salariato e alle condizioni di vita di chi sta in basso, delle masse salariate.

Insorgiamo!
Lavoratori, sfruttati di ogni categoria, disoccupati, studenti, pensionati bastonati uniamoci. Su la testa!

2 Comments

  1. Sono d’accordo! Si tratta di una nemesi storica! Ed è fonte di gioia per me. 40.000 lavoratori e lavoratrici hanno detto SignorNO dopo anni di lotta di classe perpetrata dall’alto verso il basso, a cui quei precedenti 40.000 servitori del capitale hanno avuto l’ingenuità di pensare di sottrarsi.
    La lotta di classe è due cose ad un tempo: quella di chi non è soddisfatto della propria o altrui posizione presente e del futuro che gli appare, e quella di chi ne è soddisfatto e la difende.
    L’8 settembre del 1980 la Fiat annunciò la cassa integrazione per 24.000 operai per 15 mesi, alla fine dei quali solo la metà sarebbero ritornati al loro posto di lavoro.
    Tra I 24.000 operai vi erano tutti quelli che avevano partecipato alla stagione sindacale dal 1969 in poi. Tre giorni più tardi la Fiat prese misure ancora più drastiche: 14.000 operai sarebbero stati licenziati immediatamente. Una carneficina in una guerra economica e di difesa dei propri privilegi. Gli operai reagirono con uno sciopero ad oltranza e il blocco totale delle fabbriche. Una sera Cesare Romiti, amministratore delegato Fiat, congedò la guardia del corpo e si fece accompagnare a casa da un amico a cui disse: si la mia manovra è rischiosa. Però volevo in qualche modo ricaricarmi, ridarmi forza, alimentare di nuovo le ragioni che m’avevano sospinto durante tutta la vertenza… vedevo che quei picchetti erano fatti di gente allegra, che si divertiva. Cantavano, c’erano ragazze…. E allora conclusi: questo non è l’operaio della Fiat, l’operaio della Fiat in questo momento è preoccupato, angosciato e tormentato. Non gioca a picchettare la fabbrica”. ***
    Il padrone sa perfettamente come ci si sente a perdere il lavoro per il capitale dei pochi ed evidentemente sconosce il senso e la gioia del riscatto che da la lotta portata avanti con gli altri. O meglio: riconosce solo la propria.
    Dopo il trentaquattresimo giorno di sciopero, il 14 ottobre 1980, 40.000 colletti bianchi tra dirigenti, capisquadra e impiegati Fiat scesero in piazza a Torino rivendicando il diritto a tornare in fabbrica, schierandosi con I padroni, affermando il loro diritto di essere servi e contrapponendosi agli operai ormai stremati dalla mancanza di salario dopo giorni di sciopero, ma ancora combattenti.
    E dopo 40 anni quella stessa classe media che scese in piazza schierandosi con il capitale è stata triturata dai suoi processi di accumulazione e concentrazione delle ricchezze.
    Una stagione infatti fu aperta o sancita: quella della lotta di classe dall’alto verso il basso, condotta per mezzo di leggi, di politiche economiche e fiscali, di sfruttamento del lavoro e riduzione di servizi e welfare sulla scuola, la sanità, I trasporti, attraverso un processo che ha impoverito immensamente la classe media e affamato quella ancora più in basso.
    E’ un segno di lotta importante quella dei nuovi 40.000 a cui va la mia speranza e ammirazione perché è ancora più bello e onorevole non essersi arresi dopo la sconfitta!
    E’ anche un segno culturale importante, di solidarietà e di contrasto a chi ci vuole fare credere che la disoccupazione e la povertà siano mali inevitabili. Trovo che ci sia poco dibattito attorno al lavoro e che, anche sui social, appaia una certa rassegnazione sul tema. Pertanto vi ringrazio di parlarne.
    Gli uomini per sempre liberi sono quelli che tentano fino alla fine.

    *** Paul Ginsborg Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi. Einaudi, 1989.

    Tina Pica
    1. Grazie mille, questa precisa ricostruzione storica mi sembra particolarmente utile.
      Mi associo alla gioia suscitata dalla protesta dei 40 000 lavoratori e lavoratrici che si rifiutano di acconsentire alla naturalizzazione dell’ingiustizia dei padroni. Una gioia che, come detto giustamente, non è comprensibile dal padrone (perché a lui avversa) e propria solo di chi conosce il senso e la gioia del riscatto.
      Viva la prassi liberatrice!

      Sancho Panza

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