IL CAPITALISMO NUDO è ORRIBILE, E PER I POVERI è SEMPRE NUDO

Ci tocca pubblicare uno scritto della presidente di Slowfood, associazione che non ci ha mai convinto, però quanto scritto da questa donna pensiamo sia giusto porlo all’attenzione, alla riflessione alla lotta di tutt@.

“Questo ci convince che una vera transizione ecologica deve essere anche sociale, ammesso e non concesso che noi, oggi, ce l’abbiamo il tempo di transitare, di adeguarci, anche culturalmente, ad un percorso che dovrebbe prometterci un futuro, piuttosto che inficiarlo.
La transizione sembra un altro escamotage per spingere i limiti dell’accettabile un po’ più in là, mentre in effetti le industrie, le agroindustrie, valutano quanto ancora inquinare il pianeta, appropriarsi di risorse comuni, sfruttare i propri simili.
Allora il nostro cambiamento deve essere radicale e onesto, deve cioè mettere in discussione i due pilastri che i furbacchioni (n.d.l.) non mettono mai in discussione: produzione e consumo.
Forse bisogna mettere al primo posto uno slancio rivoluzionario che metta in atto alcune rotture: esistenziali, filosofiche, epistemiche (conoscitive).
La produzione e il consumo di cibo che riguardano 7 miliardi di persone è una delle questioni sulle quali dobbiamo agire con “radicalità”, laddove radicalità significa comprendere i fatti alla radice,

E noi aggiungiamo:
per radicalmente confliggere con ciò che impedisce giustizia sociale. Ora come mai prima dobbiamo combattere la potenza colonizzatrice e corruttrice di una visione individualistica e competitiva delle relazioni sociali, di una società che produce 26 miliardari che posseggono la stessa ricchezza di 3,8 miliardi di persone messe insieme.

Ma questo è sicuro che tocca poco ragione e sentimenti della presidente di Slowfood.

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