FREDERIK, FRATELLO GHANESE, UCCISO A BOTTE A POMIGLIANO. AMMAZZATO DAL RAZZISMO E DALL’INDIFFERENZA. NON TI DIMENTICHEREMO.

Frederik, fratello ghanese, ucciso a botte a Pomigliano. Ammazzato dal razzismo e dall’indifferenza. Non ti dimenticheremo.

La scena ripresa dalle videocamere private è agghiacciante: due persone, una in bici e l’altra a piedi, si avvicinano a Frederik, 43enne ghanese senza dimora. Lo svegliano, inizia una discussione, poi le botte. Tante. Selvagge. Pugni e calci che fanno sembrare la vittima un punching ball. Un minuto circa di violenza efferata scatenatasi la notte a Pomigliano d’Arco, in via Principe di Piemonte, una delle arterie periferiche della città, tuttavia densamente abitata. Le immagini registrano anche i momenti successivi: Frederik che claudicante e arrancando trova rifugio in un cortile, dove è stato trovato agonizzante la mattina all’alba
La tragedia è divenuta di dominio pubblico qualche giorno dopo grazie ai cittadini della zona che avevano saputo del pestaggio e che sui social chiedevano perché non ci fossero notizie circa lo stato di salute di Frederik. Solo a quel punto si è acceso il faro della stampa locale. Da lì la tragica scoperta della morte che ha fatto risvegliare la città in un clima di lutto. Perché il 43enne africano, Frederick Akwasi Adofo, era ormai stato adottato dalla città e soprattutto dai clienti di un noto supermercato del territorio, in via Gramsci, di fronte a un parco pubblico frequentato ogni giorno da centinaia di bambini e famiglie. E’ sull’uscio dell’esercizio commerciale, e sulla panchina di fronte, che Frederik passava la sua giornata. Non stava bene, aveva problemi ma «non faceva del male a nessuno», come ripete chiunque in queste ore passa a fianco alla «panchina di Frederik». Frederik era arrivato a Pomigliano 10 anni fa dopo aver attraversato il deserto, essere sato nel lager libico, aver attraversato il Mediterraneo ed essere stato sballottato per circa 2 settimane in mare perché il governo non assegnava un porto di sbarco. A Pomigliano ha anche preso il titolo di terza media prima di cadere progressivamente nella rete del disagio. Si guadagnava da vivere aiutando a portare il carrello della spesa e tenendo per sé le monete. Ma tanti clienti avevano cura di lasciargli qualcosa da mangiare e da bere. Cittadini e soprattutto bambini hanno portato fiori, candele e biglietti sulla panchina. «Il vostro odio non passerà inosservato. Un innocente ucciso da una società che sta fallendo», è la scritta in rosso lasciata da un adolescente. Secondo alcune fonti locali, anche altre volte Frederik avrebbe subito pestaggi gratuiti.
Mobilitate le parrocchie di Pomigliano, in particolare la comunità di san Francesco in cui Frederik era conosciuto e assistito. Giovedì 22 giugno la comunità di San Francesco insieme a tutte le parrocchie di Pomigliano hanno manifestato con una marcia silenziosa che è partita dalla “panchina di Frederik”. Sono stati i parroci stessi di Pomigliano, ad annunciarlo con una nota pubblica in cui si afferma che la tragedia, «prima ancora che segno di una scarsa sicurezza sul nostro territorio, è sintomo di uno smarrimento di autentica umanità».

Eravamo con voi anche se viviamo a Trento.

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