Il 23 settembre viene fucilato il carabiniere Salvo D’Acquisto da un plotone dell’esercito nazista tedesco.

Il 23 settembre viene fucilato il carabiniere Salvo D’Acquisto da un plotone dell’esercito nazista tedesco.

Perenne infamia alla canaglia nazista.

SALVO D’ACQUISTO UNO DEI NOSTRI. UN ESEMPIO DI CUI PARLIAMO PERCHÉ NON SIA DIMENTICATO.
UN ALTRUISMO DI CUI OGGI PIÙ CHE MAI C’È UN GRANDISSIMO BISOGNO.

Dopo il Proclama Badoglio dell’8 settembre 1943 un reparto di paracadutisti tedeschi si era accasermato nelle vicinanze della località Torre Perla di Palidoro. Qui, nel tardo pomeriggio del 22 settembre 1943, alcuni di loro, mentre ispezionavano casse di munizioni abbandonate, furono investiti dall’esplosione di una bomba a mano o forse dall’incauto maneggio di ordigni usati per la pesca di frodo, a suo tempo sequestrati dai finanzieri. Due paracadutisti morirono e altri due rimasero feriti.

Il comandante del reparto nazista attribuì la responsabilità dell’accaduto ad anonimi attentatori locali e richiese la collaborazione dei Carabinieri della locale stazione, temporaneamente comandata dal vicebrigadiere Salvo D’Acquisto. Se entro l’alba non fossero stati trovati i colpevoli i soldati nazisti avrebbero compiuto una rappresaglia.

La mattina seguente D’Acquisto, assunte alcune informazioni, provò a ribattere che l’accaduto era da considerarsi un caso fortuito, un incidente privo di autori, ma i tedeschi insistettero sulla loro versione e confermarono l’intenzione di dare corso ad una rappresaglia ai sensi di un’ordinanza emanata dal feldmaresciallo Albert Kesselring pochi giorni prima.

Il 23 settembre furono dunque eseguiti dei rastrellamenti e catturate 22 persone scelte a caso fra gli abitanti della zona. Questi alcuni dei nomi:

Angelo Amadio (18 anni);
Armando Attili, detto Nando, muratore, padre di Attilio;
Attilio Attili, muratore, figlio di Armando;
Ennio Baldassarri (13 anni), il più giovane del gruppo, ma fatto scendere dal camion prima di andare al luogo dell’esecuzione;
Vittorio Bernardi, detto “Carnera”, fabbro e muratore, fu obbligato a scavare con le mani la fossa non essendoci pale a sufficienza per tutti;
Enrico Brioschi (36 anni), cameriere del Conte Nicolò Carandini;
Giuseppe Carinci (alcune fonti lo nominano Carigi, circa 70enne), spazzino, tentò la fuga e fu ucciso prima della cattura;
Domenico Castigliano, ferroviere;
Rinaldo De Marchi (30 anni), muratore;
Giuseppe Feltre, muratore;
Benvenuto Gaiatto (52 anni, di Torrimpietra), padre di quattro figli e il più anziano del gruppo;
Antonio Gianacco, muratore;
Oreste Mannocci, venditore ambulante di frutta di Santa Marinella;
Sergio Manzoni, venditore ambulante di frutta di Santa Marinella;
Vincenzo Meta (27 anni, di Maccarese), muratore, padre di due bimbi e da poco rientrato da Bologna dopo essere scappato dai tedeschi, ancora in uniforme militare;
Attilio Pitton, muratore, padre di un ragazzo;
Fortunato Rossin, muratore, fratello di Gedeone, padre di due bimbi;
Gedeone Rossin, muratore, fratello di Fortunato, scapolo;
Umberto Trevisol (35 anni), muratore, padre di due bimbi;
Michele Vuerick (39 anni), detto “Mastro Michele”, capomastro muratore;
Ernesto Zuccon, fornaio.

Lo stesso D’Acquisto fu forzatamente prelevato dalla caserma da parte di una squadra armata e fu condotto nella piazza principale di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi. Nella piazza venne anche condotto un altro abitante ritenuto un carabiniere, Angelo Amadio, che sarà l’ultimo testimone del sacrificio del brigadiere.

Nuovamente richiesto di indicare i nomi dei responsabili, D’Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere visto che l’esplosione era stata accidentale e che gli ostaggi e gli altri abitanti della zona erano dunque tutti quanti innocenti.

Durante l’interrogatorio dei rastrellati D’Acquisto fu tenuto separato nella piazza, sotto stretta sorveglianza da parte dei soldati tedeschi e, “quantunque malmenato e a volta anche bastonato dai suoi guardiani, serbò un contegno calmo e dignitoso”, come ebbe a riferire in seguito Wanda Baglioni, una testimone oculare. Gli ostaggi e D’Acquisto vennero quindi trasferiti fuori dal paese. Agli ostaggi furono fornite delle vanghe e furono costretti a scavare una grande fossa comune nelle vicinanze della Torre di Palidoro, per la ormai prossima loro fucilazione.

“Ci eravamo già rassegnati al nostro destino, quando il sottufficiale parlamentò con un ufficiale tedesco a mezzo dell’interprete. Cosa disse il D’Acquisto all’ufficiale in parola non c’è dato di conoscere. Sta di fatto che dopo poco fummo tutti rilasciati: io fui l’ultimo ad allontanarmi da detta località.” (Angelo Amadio)

Evidentemente Salvo D’Acquisto si era autoaccusato del presunto attentato, addossandosi la sola responsabilità dell’accaduto e richiedendo l’immediata liberazione dei rastrellati. I 22 prigionieri furono lasciati liberi.

L’ultimo testimone, Angelo Amadio, fece in tempo però mentre correva a sentire il grido “Viva l’Italia!”, lanciato dal carabiniere, seguito subito dopo dalla scarica di un’arma automatica che portava a termine l’esecuzione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *