Insorgiamo contro i femminicidi e ogni oppressione

Qualche giorno fa è avvenuto l’ennesimo femminicidio. Giulia, una ragazza in procinto di laurearsi è stata uccisa brutalmente dal suo ex-fidanzato, un ragazzo ripetutamente definito da tutti “normale”, un “bravo ragazzo”

Sono più di 100 i femminicidi dall’inizio del 2023 in Italia, ma crescono anche violenze, maltrattamenti e atti persecutori, quasi sempre all’interno di quella “normalità” il cui vertice e realizzazione sarebbe la famiglia. La famiglia parrebbe essere un termine stupidamente orgoglioso delle sue origini. Voce italica “famulus” che significava “servitore, domestico” e indicò inizialmente l’insieme degli schiavi e dei servi viventi sotto uno stesso tetto.

Circa un mese fa proponevamo la critica del concerto di Niky Savage, un rapper di grande successo fra i giovani, preceduto dai suoi testi che solo per triste necessità di informazione riportavamo.

Qui alcuni passaggi:

“Sono pieno di troie (troie)Chiavate senza e ho rotto il loro cuore, cuore

Mo la ficco forte così domani mi ama (wawa, wawa)

La tratto da puttana, corre fast, ‘sta giaguara

Sta saltando sul cazzo già da un’ora

Ho il cazzo ovunque, non ascolto chi mi dice, “No”

Chissà, forse mi invidiano”.

Una miserabile espressione dell’odio del femminile, un femminile che il cantante vuole umiliato e schiavizzato, una merce da possedere e consumare a proprio piacimento.

Questa è la cultura da cui nascono le aggressioni, i maltrattamenti e gli atti persecutori, i femminicidi.

Questo tipo di rapper sono solo l’esempio di un modello dominante: scimmie ammaestrate dei padroni, espressione di una cultura dominante sempre più diffusa e quotidiana che ci vuole tutti servetti e idolatri della cultura dei miliardari, modello supremo di successo. Miliardari che umiliano, affamano, violentano, schiavizzano, calpestano chi sta in basso (circa 8 miliardi di donne e di uomini) e la natura solo per avere il potere di fare più soldi. N.B. 26 miliardari posseggono la ricchezza di 3,8 miliardi di persone sulla Terra (dati 2019).

Questa “normalità”, questo tipo di società, questo modello di maschile, questo modello di relazioni affettive è posto come massimo esempio a cui dovrebbero adeguarsi prima di tutto gli uomini ma anche le donne.

Quasi sempre il ragazzo “normale” in realtà vive e pratica, più o meno consciamente, dentro questo modello di umanità. Quando poi avviene l’aggressione, il femminicidio viene quasi sempre descritto come raptus di follia, un istinto che deresponsabilizza l’uomo perché preda di forze che pretendono di essere invincibili perché naturalizzate, familiarizzate.

Questo avviene in una società che si vorrebbe campione dei diritti umani, della democrazia, dell’uguaglianza, del progresso, della “razionalità”.

Chiediamo in primo luogo agli uomini, ma anche alle donne:  contro queste forze che pretendono di essere invincibili perché naturalizzate, familiarizzate, forze che sono sia interne a ciascun singolo che forze sociali esterne, perché non scegliamo di applicare quella forza virile, che nelle immagini culturali attraversa i secoli e che può appartenere sia alle donne che agli uomini (Achille, Spartaco, Giovanna D’Arco, Tomiri, Budicca, Anna Bechis, Asia Ramazan*), perché non applichiamo questa virilità contro queste forze che pretendono di essere naturali, contro queste “pulsioni” di possesso, di dominio, di mercificazione, perché non le aggrediamo senza nessuna pietà?

Perché non scegliere la dolcezza, la tenerezza, l’affetto con chi non si adegua a questa “normalità”, con chi soffre e sta in basso, con chi non rientra nel tipo d’uomo e di donna orribilmente dominanti?

Questa è l’educazione che proponiamo:

Insorgiamo quotidianamente, fino nelle pieghe più piccole del nostro parlare e agire quotidiano, contro questo modello di maschile e di femminile che si riproduce continuamente e il cui modello ultimo nell’antichità era il proprietario schiavista, nel Medioevo il signore feudale, nella nostra società il miliardario padrone.

Intervenite, scrivete. Il vostro aiuto è essenziale, aiutateci a dire meglio e con più chiarezza o criticate quello che diciamo e ve ne saremmo grati.

*Tomiri:
una regina dei Massageti, un popolo iranico stanziato in Asia centrale. è famosa per aver sconfitto e ucciso l’imperatore Ciro il Grande quando invase il suo paese per cercare di conquistarlo.

*Anna Bechis:

Figlia di operai del torinese, semi dimenticata, compì atti eroici durante la Resistenza al Nazifascismo

*Budicca:

regina della tribù degli Iceni, guidò la più grande rivolta anti-romana delle tribù della Britannia.

*Asia Ramazan:

soldatessa e attivista curda, a 16 entra nelle Unità di Protezione delle Donne per combattere l’ISIS nella guerra in Rojava dove perse la vita combattendo.

Seguendo il suggerimento di un nostro interlocutore abbiamo aperto un canale Telegram! Per dialogare e criticare le nostre proposte di critica alla cultura dominante vi invitiamo a iscrivervi: https://t.me/ControculturaSpazioapertoBBrecht

One Comment

  1. Grazie dello scritto che ben fa sintesi della cultura dominante dei miliardari e delle strutture di disuaglianza da cui nessuna analisi può prescindere. Il capitale non è solo classe ma anche genere e non c’è capitale senza oppressione di classe, di razza e di sesso, e senza Stato che abbia la forza e i mezzi per condurre questa oppressione, queste vere e proprie guerre alle donne che sono materiali e culturali. Per questo vorrei segnalare la lucidità della sorella di Giulia e la sua capacità di non fare di quanto accaduto una tragedia personale ma una questione di cultura violenta dominante, pubblica e naturalizzata. Al post di Salvini che così si riferiva all’assassino: “Se colpevole, nessuno sconto di pena e carcere a vita”, Elena Cicchettin nota e smaschera quella messa in dubbio della colpevolezza del ragazzo e risponde al sempre pronto giustizialista: è stato concesso il beneficio del dubbio perché si tratta in questo caso di difendere un italiano “bianco, cis, etero, proveniente da una buona famiglia?. Anche questa è violenza. E’ violenza di Stato”. Brava Elena che sa intrecciare le questioni. Su questo solco dispiace leggere la critica di Adriana Cavareno, filosofa femminista, all’appello della manifestazione del 25 novembre convocata da Non Una di Meno che si è dichiarata al fianco del popolo palestinese. Dice la filosofa che la chiamata per la manifestazione andava focalizzata sulla violenza contro le donne e basta, senza coinvolgere tematiche non coerenti. Tematiche non coerenti? Ma la guerra non è forse la manifestazione più totalizzante del patriarcato? La guerra tra Stati e le guerre di classe, di razza e di sesso hanno sempre accompagnato lo sviluppo del capitale, cioè l’arricchimento dei capitalisti, perché sono le condizioni della sua esistenza così come la disuguaglianza è elemento strutturale e non accidentale del capitalismo. Ma questo implica la violenza culturale e materiale su cui si fonda il dominio dell’oppressore. Sessismo, razzismo, colonialismo sono guerre materiali e culturali dell’oppressore contro l’oppresso. Viene proprio da dire: cambiamo il mondo noi, in prima persona! Perché se aspettiamo certe filosofie e certe/i filosofe/i….

    Tiziana Gatto

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