Matiu, senzatetto morto di freddo in un capannone abbandonato, Rovereto 2021

“Ho 37 anni. Ne dimostro 52. Alcuni dicono che la vita di strada è gratis e facile … Non è gratis e non è facile. Non si paga alcun anticipo: si paga con la salute e con la stabilità mentale.
Il nome del mio paese è apatia. La mia terra è sporca di vergogna. Vedo masse di senzatetto muoversi attraverso la fiamma turgida dell’assistenza. Si va alla ricerca di stanze e di calore, di grucce da abiti, di un cassetto. Un posto caldo per mangiare un piatto di minestra – a questo serve la libertà.”
Homeless statunitense, New York 1987
(Testimonianza registrata dalla Coalition for the Homless. Poco prima del Natale 1987, il governo degli Stati Uniti tagliò 35 milioni di dollari dal bilancio per l’aiuto di emergenza ai senzatetto)

Matiu, senzatetto morto di freddo in un capannone abbandonato, Rovereto 2021
Volto tragico del capitalismo mondializzato.

Ogni notte, almeno 700.000 senzatetto dormono per strada in Europa (quasi gli abitanti di una città come Torino), +70% dal 2009 (fonte Feantsa)
A proposito, perché non cominciare a pensare ad una vasta rete tra tutti quelli che stanno tentando qualcosa, accomunata dalla disponibilità a offrire un letto per i senza tetto, aperta a tutti quelli che non vogliono guardare restando in un silenzio passivo, complice e colpevole?
Invitiamo, tutti quelli che sanno e possono, a fare una ricerca sulle scelte delle amministrazioni che di sono succedute a New York dall 1980 ad oggi (chiederemmo il massimo della sintesi).
Invitiamo a mandarci foto che testimoniano l’infame tragedia dell’indifferenza.
In un articolo comparso sabato 23 gennaio 2021 sul quotidiano l’Adige, parlando del senzatetto morto di freddo a Rovereto nel ex-macello abbandonato di Mori Stazione, l’autore dell’articolo, con un racconto ai nostri occhi vergognoso per miseria e ipocrisia, scrive:
” Ha provato a cercare rifugio al centro di accoglienza “Il Portico” di Borgo Santa Caterina ma le porte gli sono sempre state sbattute in faccia. Non certo perché era uno straniero quanto piuttosto perché si presentava alla porta ubriaco. […]
Certo, non pensava al suicidio ma solo a dormire per smaltire la sbornia. Ma la Natura non perdona, non guarda in faccia a nessuno e segue il suo corso.”
Aggiungiamo noi:
Quindi ti presenti ubriaco, in preda a Bacco, puzzi di alcol.
Sentenza: Condanna a morte.
Alla faccia del cristianesimo, quello di Gesù, e di ogni morale solidale.
La Natura? No, non è la Natura che non perdona, è l’indifferenza, il gelido formalismo.

Negli anni 2003/2004, un gruppo di donne e uomini, gli Amici del Chiapas di Trento, collaborarono a tenere aperto un dormitorio per i senzatetto reso disponibile da Padre Fabrizio dei Cappuccini.
Nessuno fu mai escluso, comprese le persone alterate, e non avemmo mai a pentirci.
Controcultura: Spazio aperto Be.Brecht

One Comment

  1. 16 febbraio 2021
    P.G. ci ha scritto

    “Uno per me vale diecimila” (Eraclito)
    Il suo nome è Ali, uomo tunisino di anni 31, fuggito da una situazione disperata dalla Tunisia. Arrivato al campo profughi di Lipa in Bosnia, per ben sette volte ha tentato di superare il confine con la Croazia, per poi attraversare la Slovenia, arrivare in Italia a Trieste, fare la richiesta di asilo politico a cui ha diritto, per poi andare a Berlino a ricongiungersi col figlio che vive in Germania.
    Sette partenze disperatamente fiduciose da Lipa, sette volte ferocemente respinto, dai gendarmi croati (gendarmi dell’unione europea, guardie nostre…) gli rompono una volta tre costole, lo fanno inseguire dai cani, l’ultima lo aggrediscono a manganellate , ferendogli il capo, lo respingono sanguinante, gli tolgono le scarpe, lo scacciano nella neve, scommettendo un caffè che sarebbe morto di lì a poco nel bosco tra i cadaveri di profughi respinti.
    Alì stremato arriva a Lipa, dove era nominato Alì il saggio per la sua tenacia, dopo questa ultima violenza straziante subita viene chiamato Alì il pazzo. Il sogno di reincontrare il figlio gli ha fatto tentare sempre senza perdersi d’animo, un sogno che è un diritto. Le condizioni fisiche sono all’estremo, le falangi dei piedi si staccano, gli vengono amputate le gambe.
    A nove mesi di distanza dall’intervento, Alì muore.
    Lipa pare un altro mondo… è a una manciata di chilometri da casa mia.
    E io come agisco? Mi interrogo e so che non basta ascoltare e poi portare ad altri il racconto. La riflessione e l’interrogativo mi restano.
    “Uno per me vale diecimila” (Eraclito)
    Il suo nome è Isotta, è un pastore meticcio femmina pugliese di 9 anni e mezzo. Un anima tra le piu’ care della mia vita, un essere vivente.
    Ad inizio anno le viene diagnosticata nel giro di poco tempo una malattia infausta, non guaribile, curabile per un circoscritto periodo di tempo e compatibilmente con una buona qualità di vita.
    La scelta è di tentare la via della cura. L’operazione è molto costosa quasi impraticabile per le mie possibilità. Il conforto di valorosi amici e amiche, di persone care è stato sostegno e consolante certezza. Il dolore è profondo e non ci sono molte parole per descriverlo, se non che come l’amicizia, l’amore, anche il dolore sa essere grande, a tratti incontenibile. Non mi è arrivata una tegola in testa… un asteriode. La sofferenza và incontrata e voglio darle un senso volto al bene, mi impegno perché il male sia al servizio del far bene per rendere la vita, nello specifico e in generale il migliore possibile come merita. Intendo a cara sorte che il tempo è davvero prezioso e di averne anche sprecato.
    Avviso l’educatrice di zona che mi ha affidato Isotta nove anni fa e l’associazione da cui lei è stata trovata abbandonata per strada. Contatti rari con tutte loro, ma sempre solidali e di reciproca riconoscenza.
    Adan un associazione di donne giovani e meno, pugliesi, donne come me, lavoratrici piu’ o meno precarie, studenti, di animo generoso e giusto, che hanno assunto da tempo l’impegno di occuparsi di animali randagi, abbandonati, maltrattati, trascurati a cui dare una possibilità dignitosa di vita.
    Nel giro di pochi giorni dico loro la difficoltà che sto affrontando, oltre al dolore, al fatto che la cura è molto costosa.
    Non vi è da perder tempo, il male potrebbe portar via Isotta in brevissimo termine.
    Inaspettatamente e con grande generosità Adan si prende carico di come procedere, dei contatti con i medici veterinari che ci possono aiutare e fa un bonifico che permette di partire con la necessaria fase iniziale della cura. Mi sento in debito e mi viene detto: questo è un regalo. Di li a poco, altri preziosi sostegni, anche economici, hanno permesso che ad oggi Isotta stia bene e ci sia permesso di affrontare questa situazione nella migliore prospettiva, sia per il protocollo di cura che per la vicinanza affettiva e amichevole.
    Sono stata a lungo perplessa nell’associare i due racconti, poi ho pensato e riconosciuto due prospettive: una quella dell’indifferenza (mia in primis) che in termini esistenziali mostra l’inferno al di qua , l’altra, la bellezza di gesti solidali, nobili e degni di riconoscimento e gratitudine. Esperienze quest’ultime che sollevano, rigenerano, in nome del buono, del giusto e del bello, che portano nel quotidiano il sapore del meraviglioso e il paradiso al di qua. Atti che toccano benevolmente le idee e l’animo, in tempi per lo più cupi.
    Vi invio questo mio contributo, con gratitudine per l’incessante impegno e passione coi quali anche in questo luogo virtuale fate vivere la necessità di un altro e giusto mondo possibile… a partire da ognuna e ognuno

    Controcultura: Spazio aperto Be.Brecht

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