CONTRO LA VISIONE SUBALTERNA DELLA VITA QUOTIDIANA

CONTRO LA VISIONE SUBALTERNA DELLA VITA QUOTIDIANA

Riportiamo qui sotto la descrizione di una periferia italiana liberamente tratta da un articolo di un quotidiano nazionale. Si tratta di un’umanità subalterna e sofferente (giacché in parte sogna di diventare lacchè, privilegiata servitrice in livrea dei milionari) che a noi sembra caratterizzare esistenzialmente le vite e il lavoro della gran parte dei salariati poveri, dei precari, dei disoccupati, degli studenti poveri, dei pensionati poveri.

Nella vita dei salariati poveri oggi prevale la rassegnazione, le giornate si susseguono una uguale all’altra e lentamente e progressivamente diventano sofferenza esistenziale-culturale che a noi sembra limitativo ridurre alla psicologia. Sofferenza esistenziale-culturale perché si smette di avere una “ragione” per alzarsi al mattino e qualche soddisfazione alla sera che dice “oggi hai pur fatto qualcosa di utile a me e anche ad altri”. Non ci sono più proteste, perché ognuno si sente colpevole della propria condizione, con qualche ragione.

La periferia esistenziale è impregnata di individualismo per lo più depresso, ripetitivo, di razionalità strumentale che ha il volto dell’indifferenza sociale e politica. La disoccupazione ha prodotto una situazione di invecchiamento, una senilità precoce, feroce, esteriore e interiore. Oltre al lavoro si è smarrito il senso. La gente inizia a vivere solo dei cinque sensi, non c’è altro, non c’è oltre. Alla perdita del lavoro e del senso di comunità, si aggiunge la perdita del senso della vita, per questo è diventata una periferia esistenziale. La vita è insopportabile non per l’assenza delle cose, ma per l’assenza di senso, per la vittoria di un destino infame senza il contrasto di una prospettiva ribelle – per lo meno reattiva – che è necessario elaborare e fare vivere.
Si vive appartati e soli, il lavoro non crea più legami: evitarsi è il nuovo istinto in questo luogo dove si vive il tempo della morte del prossimo. La fame di relazioni si fa profonda.

Salari bassi, precarietà permanente, timing frenetico, solitudine e sterilità delle relazioni costituiscono lo sfondo di un sistema sfavorevole alla natalità e allo stare insieme. La periferia diventa una moltitudine di solitudini.

Si cerca un surrogato e arrivano gli animali da compagnia. Gli animali domestici crescono in modo impetuoso e non si sa se siano venute prima l’individualismo e la solitudine o il cane, fatto sta che il connubio televisione, solitudine, cane crea nuovi nuclei sociali apparentemente autoreferenziali.

Le giornate seguono il ritmo del sonno, stanchezza, sonno, desiderio di dormire versus frustrazione per non aver fatto nulla: aver passato una giornata senza un sorriso, un abbraccio, un pianto, una parola. Nessun uomo è un’isola, ma la periferia ti isola. La periferia si trasforma in un aggregato di persone e potrà tornare ad essere quartiere/comunità se tornerà ad esserci qualcuno che ti chiama compagna/compagno, sorella/fratello, amica/amico.

I sostenitori di questo nichilismo sostengono che non ci sono più grandi narrazioni da seguire (religiose, politiche, sociali).
Le grandi narrazioni ci sono eccome, nei secoli di lotte e di idee che ci hanno preceduti. Idee e lotte che sono un arsenale disponibile a chi fuori da ogni rassegnazione subalterna sceglie di usarlo per lottare oggi.

La tecnologia tende a rendere obsoleti gli adulti che non possono più fare da esempi dialoganti coi giovani. La pratica di relazioni reali in contrasto con la maniera di vivere dominante riesce però a valicare questo muro fra generazioni così funzionale al dominio dei milionari, il modello infame. Il nostro Spazio aperto di Controcultura: Be.Brecht è una realtà che nasce proprio dall’associazione tra un vecchio e un giovane.

Cosa possono fare i salariati poveri, precari, disoccupati, studenti e pensionati poveri?
Possono ribellarsi perché è giusto ribellarsi e fa bene alla salute, la rassegnazione ammazza, la rassegnazione è la soluzione finale a cui il grande capitale ci spinge.
Possono criticare le idee dominanti dei 26 miliardari che possiedono la ricchezza di 3,8 miliardi di persone. Chi sta in basso deve imparare a maledire ed attaccare la nobiltà dei miliardi, questi 4 gatti sfruttatori e privilegiatissimi, in opposizione ad ogni meschina invidia.

Temiamo di non avere il dono della chiarezza ma aiutateci pure con le vostre critiche, contate sul fatto che siamo impegnati ad imparare e a correggerci.

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